PARTIGIANI JUGOSLAVI IN APPENNINO



 



PARTIGIANI   JUGOSLAVI  IN  APPENNINO






Una storia ignorata




La vicenda degli jugoslavi rinchiusi nei campi di detenzione fascisti della Penisola fino all’ 8 Settembre del 1943, ed il contributo da questi offerto alla Resistenza antifascista e antinazista italiana, sono stati finora noti solo a pochi specialisti e in modo frammentario.


Eppure, questi partigiani animarono la lotta di Liberazione nelle sue prime fasi lungo quasi tutta la dorsale appenninica, da Genova fino alla Puglia con episodi rilevanti soprattutto in Umbria e nelle Marche dove gli “slavi” furono presenti quasi ovunque e presero parte a quasi tutte le azioni più importanti.


Gli jugoslavi erano in maggioranza già esperti nella guerriglia perché l’avevano condotta nel loro paese, contro gli eserciti di occupazione tedesco e italiano, nonché contro i collaborazionisti locali, fino alla cattura e alla deportazione in Italia. Inoltre, la gran parte di loro erano giovanissimi militanti della SKOJ (la struttura giovanile del Partito Comunista jugoslavo), con una formazione ideologica solida ed una piena coscienza del nemico da affrontare. Con la loro esperienza e con la loro determinazione antifascista, essi dettero, fin dall’inizio, un valido contributo alla formazione del movimento partigiano in Italia e al consolidamento della capacità combattiva delle giovani reclute.


Abbiamo cominciato ad interessarci a questa storia negli ultimi anni, per esserne venuti a conoscenza in maniera pressochè casuale, nell'ambito delle nostre attività di solidarietà internazionalista e controinformazione sulla Jugoslavia e nell'ambito delle battaglie contro il revisionismo storico e la diffamazione della Resistenza, divenute purtroppo sempre più necessarie e frequenti. Con rammarico, abbiamo dovuto constatare che vicende di così vaste dimensioni ed implicazioni hanno trovato uno spazio pressoché trascurabile nella scrittura della storia dell’Italia contemporanea e della stessa lotta antifascista: nell’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza (1) - che, tra la letteratura che abbiamo trovato, è l’unico caso in cui si sia perlomeno tentata una ricostruzione complessiva di questi fatti attraverso una specifica voce “Jugoslavi in Italia”, in chiusura della stessa è scritto: “la partecipazione jugoslava alla Resistenza Italiana non è stata ancora esaminata in modo organico”. Questo dopo tre decenni dalla conclusione di quella lotta. 


Oggi sono passati ormai quasi 65 anni e la situazione non è cambiata, anzi il passare del tempo ha reso ovviamente più difficile ogni ricostruzione e indagine da fonte diretta: i testimoni ancora in vita sono rimasti in pochi e naturalmente anziani; le fonti documentarie, che già negli anni ’70 erano disperse e mal gestite, sono spesso diventate irreperibili; ed infine, l’approccio a quelle vicende è diventato “indigesto” a molti sia dal punto di vista politico che professionale.


Consapevoli di tutte queste difficoltà, abbiamo in ogni caso deciso di intraprendere un lavoro di ricerca e di divulgazione al grande pubblico che mettesse in risalto quel carattere internazionalista che fu anche della Resistenza italiana, oltrechè – ed è cosa nota, anche se abbastanza trascurata anch'essa - della omologa Lotta Popolare di Liberazione in Jugoslavia cui parteciparono centinaia di migliaia di italiani, soprattutto ex militari delle truppe di occupazione. Abbiamo inteso così tra l'altro contrastare le tendenze revisionistiche che vogliono presentare la Lotta di Liberazione in Europa in termini esclusivamente nazionali se non nazionalistici. (2)


E' nato dunque il progetto Partigiani Jugoslavi in Appennino, in virtù del quale si è via via costituita una rete molto ampia di contatti e di collaborazioni - con storici professionisti, sezioni ANPI ed Istituti di Storia, appassionati conoscitori delle vicende in questione e testimoni dei fatti residenti in molte province italiane. Infatti se in un primo momento abbiamo cominciato a seguire le tracce degli Jugoslavi, in gran parte sloveni e montenegrini, che erano fuggiti dopo l’8 Settembre dal campo d’internamento di Colfiorito, nei pressi di Foligno, e da quello di Renicci nei pressi di Anghiari in provincia di Arezzo, subito ci siamo resi conto che la questione abbracciava un'area geografica molto più ampia.


Gli jugoslavi che fuggirono dai campi d’internamento si dispersero nelle campagne circostanti accolti dalle popolazioni locali, molti di essi si unirono o contribuirono alla formazione delle brigate partigiane che si stavano componendo in quei giorni del settembre 1943.


A Bosco Martese, prima tappa della Resistenza Teramana, ma anche italiana, tra il 12 e il 25 settembre si concentrarono tutte le forze antifasciste della provincia di Teramo; si trattava di soldati italiani sbandati, ma anche di moltissimi ex prigionieri stranieri appena scappati dai campi di concentramento della zona: neozelandesi, inglesi, americani e numerosi prigionieri politici della Jugoslavia, in particolare montenegrini.


Nella mattinata del 25 settembre del ’43, l'avanguardia di una colonna tedesca motocorrazzata che transitava per Teramo, dietro informazione dei fascisti, si portava verso il bosco e catturava 7 partigiani. Ma nei pressi di Bosco Martese la colonna tedesca fu investita dal fuoco dei cannoni e delle mitragliatrici dei partigiani. Furono bloccati 30 camion e fu catturato il comandante della colonna, il maggiore austriaco Hartmann. I sette partigiani furono fucilati, e di conseguenza il comando partigiano teramano decise di giustiziare Hartmann.


Questo episodio divenne noto come “la prima battaglia campale in campo aperto della Resistenza Italiana” (così la definì Ferruccio Parri), meno noto è, però, il fatto che gli “slavi” giocarono un ruolo fondamentale in quella vicenda e nelle successive operazioni della Resistenza nell’Italia Centrale. Le formazioni di Bosco Martese erano state suddivise in tre compagnie, sotto la guida del capitano dei carabinieri Ettore Bianco e del medico condotto Mario Capuani. Di queste compagnie la seconda era comandata da Dušan Matijašević aiutato da Svetozar Čućković. 


Dopo il 25 settembre le compagnie si dispersero, ma gli stranieri si diressero in massa verso la zona di Acquasanta Terme in provincia di Ascoli. La “sacca” dell’acquasantano divenne presto il rifugio di un numero impressionante di fuggiaschi stranieri, in particolare antifascisti jugoslavi. Arrivarono infatti molti altri da nord, dai campi di reclusione delle Marche - Servigliano presso Fermo, Collegio Gentile presso Fabriano, eccetera - ma anche dall’Umbria e dalla Toscana. In Umbria, anche grazie al recente interesse degli storici dell'ISUC di Perugia, è particolarmente noto il campo di Colfiorito presso Foligno dove nelle “casermette” furono internati migliaia di Montenegrini.


Memorie commosse di quei giorni sono contenute nei libri di Dragutin “Drago” Ivanovic, classe 1923, che abbiamo intervistato nella sua casa dove vive ancora a Lubiana. Drago ha scritto moltissimo su quelle vicende sin dagli anni ’70. Subito dopo la pensione ha preso a ripercorrere i sentieri della sua detenzione e della sua resistenza antifascista sul suolo italiano. Le sue memorie sono note alla storiografia italiana solamente per quanto riguarda il campo di Colfiorito in cui anch’egli fu detenuto, ma altrettanto interessante per la nostra storia è il periodo successivo, fino al suo trasferimento in Puglia ed il rientro in Jugoslavia di nuovo inquadrato a combattere in una delle cosiddette Brigate d’Oltremaredell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia.


Dopo l’8 Settembre altri internati montenegrini di Colfiorito erano invece rimasti in Umbria unendosi alla Brigata Garibaldi nei dintorni di Foligno e di Spello (3); altri ancora si unirono alle formazioni partigiane delle Marche centro-settentriona li oppure  andarono più a sud e si unirono al nucleo dei fuggiaschi dal carcere di Spoleto.


Il battaglione degli jugoslavi formatosi a partire da questo nucleo spoletino fu chiamato “ Tito”, il suo comandante militare era Svetozar Leković, detto Tozo, di Berane (Montenegro) , che nel dopoguerra lavorerà come ingegnere presso l’Istituto Tecnico Militare di Belgrado; vice commissario politico era Bogdan “Boro” Pesić, il quale diventerà invece redattore del quotidiano belgradese Politika. Con alterne vicende, visto che talvolta gli “slavi” tennero un profilo politico – militare più autonomo, il battaglione Tito fu collegato all’importante Brigata Gramsci il cui commissario politico era Alfredo Filipponi. Gli “slavi” della Gramsci compirono una serie di azioni di disturbo tali da costituire una vera e propria spina nel fianco per lo schieramento tedesco impegnato a fronteggiare l’avanzata da sud delle truppe alleate. Nei primi mesi del ’44 il territorio di ben 12 comuni della Valnerina era sotto il controllo della Brigata Gramsci che era stata suddivisa in 5 battaglioni, tra cui appunto il battaglione Tito. Il territorio dei comuni di Scheggino, S. Anatolia di Narco, Vallo di Nera, Cerreto di Spoleto, Preci, Visso, Norcia, Cascia Poggiodomo, Monteleone e Leonessa venne praticamente abbandonato dalle forze nazifasciste costituendo il primo territorio libero dell’Italia Centrale. Per oltre quattro mesi in Umbria visse la Prima Repubblica Partigiana, esempio di una nuova era che le popolazioni sentivano avvicinarsi ineluttabilmente.


Nell’aprile del ’44 il comando tedesco di concerto con quello fascista, decise una massiccia “operazione di polizia” in Valnerina: una serie di battaglie contro forze preponderanti impegnarono i partigiani, che tuttavia riuscirono a sganciarsi con il minor danno possibile grazie anche alla capacità dei comandanti ed in special modo di Tozo. Dopo questa azione il battaglione Tito si diresse verso Visso ed il versante marchigiano. 


Questo è proprio il periodo della sanguinosa controffensiva tedesca. La pressione degli Alleati sulla linea Gustav, in particolare i durissimi scontri presso Cassino, avevano creato tra i tedeschi una tensione crescente imponendo la elaborazione di piani e di manovre per il consolidamento del controllo del territorio, incluse azioni di “bonifica” nelle retrovie. Un obiettivo prioritario di tali azioni non poteva che essere la cancellazione della presenza delle “bande” partigiane del Centro Italia: con le loro azioni di disturbo, compiute con frequenza e decisione crescenti lungo le strade consolari quali la Salaria e la Flaminia tali “bande” diventavano inammissibili per il gigante tedesco. Protagonisti di tali importantissime azioni erano molto spesso proprio gli jugoslavi: quelli organizzati attorno al comandante Tozotra le provincie di Terni e di Rieti, e quelli attivi nell’entroterra marchigiano.


Un’altra storia interessante è quella che riguarda i prigionieri del campo di Renicci, in provincia di Arezzo. In questo campo erano stati fatti confluire i deportati della cosiddetta “provincia di Lubiana”, dunque molte migliaia di sloveni la gran parte dei quali avevano già fatto tappa prima nell’inferno di Arbe/Rab, poi a Gonars (UD); oltre a costoro c’erano anche prigionieri politici albanesi, croati e antifascisti italiani soprattutto anarchici, molti tra questi ultimi erano stati trasferiti a Renicci dai lager del sud e delle isole che nei primi mesi del ’43 dovettero essere sgomberati per l’avanzare degli Alleati.


Nel campo di Renicci i reclusi avevano già espresso anche apertamente, quando era stato loro possibile, la loro opposizione e resistenza ai trattamenti più vessatori. Tra l’altro nel campo esisteva una cellula politica comunista clandestina che faceva capo a Lojze Bukovac. (4)


Bukovac dopo la sua fuga da Renicci si unirà all’VIII Brigata Garbaldi Romagnola. In seguito all’offensiva tedesca che si stava spingendo dal sud verso il nord delle Marche fino all’alta Marecchia e alla Romagna, Bukovac ripiegherà in Toscana e di nuovo nell’aretino. Bukovac ricorda : “... [dopo il 18 aprile 1944, provenienti dall’ Emilia Romagna] ci ritirammo in Toscana dove ci siamo riuniti alla brigata  “Pio Borri” verso la metà del mese di maggio. Il commissario della brigata “Borri” Dušan Bordon, un giovane studente originario del capodistriano, divenuto poi nostro eroe nazionale (nel dopoguerra a Capodistria gli è stata intitolata una scuola) era caduto in un combattimento nei pressi di Caprese Michelangelo il 13 aprile 1944...” (5)


In effetti in quel durissimo scontro a fuoco avvenuto nel corso di un rastrellamento fascista, per proteggere la ritirata dei compagni erano caduti, oltre allo studente Dušan Bordon, comandante del reparto, il russo Piotr Fesipović, mentre un altro montenegrino, tale Pelović, era stato catturato e immediatamente fucilato. Il reparto della GNR comunque paga con 12 morti e 10 feriti.


Non mancano gli episodi che coinvolgono gli jugoslavi anche più a Nord, fino a Genova, dove il comandante della brigata partigiana che liberò la città era jugoslavo: Anton “Miro” Ukmar. Ukmar in effetti era sfuggito da un lager in Francia; unitosi alla Resistenza italiana, venne nominato comandante della VI zona operativa, che sugli Appennini, poco lontano da Genova, disponeva di un vasto territorio liberato. Con le sue divisioni il compagno “Miro” prese parte alla liberazione di Genova e ne fu comandante della piazza al termine del conflitto. Ukmar – che sarà poi decorato con l’Alta onorificenza americana “Stella di Bronzo” ed eletto cittadino onorario di Genova - contribuì alla formazione di ben otto divisioni partigiane in Liguria. Di queste divisioni facevano parte alcune brigate comandate da Jugoslavi, tanto che portavano il nome di battaglia degli stessi come “Istriano”, “Montenegrino” eccetera. (6) Molti di questi partigiani jugoslavi caddero in combattimento e la maggioranza di loro , negli anni '50, si trovava sepolta nel cimitero di Genova.


Partigiani jugoslavi risultano caduti e sepolti fin nella provincia di Piacenza, a Cairo Montenotte e a Torino (ben 10 nel cimitero della città piemontese).


Il comandante partigiano Giuseppe Mari “Carlo”, in alcuni testi del dopoguerra provò a ricostruire gli organigrammi di tutte le formazioni della Resistenza marchigiana in cui gli jugoslavi avevano svolto un ruolo di primo piano, elencando molte centinaia di nomi... Non è questa la sede per ricordare questi nomi, o quelli dei combattenti jugoslavi delle altre regioni, nemmeno i più importanti. Bisogna invece sapere che negli anni '70 la RFS di Jugoslavia promosse la costruzione di alcuni Sacrari in cui furono raccolte la stragrande maggioranza delle spoglie dei partigiani caduti nelle diverse regioni italiane dopo l'8 Settembre, assieme alle spoglie di chi era caduto di stenti e di malattie nei campi di internamento prima dell’8 Settembre. I più importanti tra tali Sacrari si trovano a Roma (Prima Porta), nel cimitero di Sansepolcro (Arezzo), e a Barletta. Al di là delle spoglie contenute nei Sacrari, molte sepolture sono rimaste in diverse piccole località dell’Italia Centrale, dal cimitero internazionale di Pozza e Umito (Acquasanta Terme, in provincia di Ascoli), a Cantiano (PU: tre i fucilati), alla tomba di Franko Tugomir a Penna San Giovanni (AP)... Tante sono poi le lapidi e i monumenti in cui tutti questi partigiani sono ricordati.


Per quelli che sopravvissero, l’epilogo della vicenda è nelle Puglie. La regione dalla fine del ’43 diventò base strategica e retrovia dei partigiani slavi: sia per quelli che combattevano lungo la dorsale appenninica e che, attraverso le Puglie, dovevano tornare in patria, sia per quelli che combattevano nei Balcani e che talvolta, feriti, proprio in Puglia potevano essere trasferiti e curati in appositi centri, in seguito agli accordi intercorsi tra Churchill e Tito.


Questi avvenimenti sono ben ricordati anche da “Drago” e da Bukovac. I combattenti jugoslavi erano ospitati in centri di raccolta, ricoverati in ospedali, addestrati militarmente in località sparse in tutta la regione da Bari fino al Salento passando per Gravina e Grumo Appula. A Gravina un’epigrafe tuttora collocata all’ospedale ricorda i medici partigiani jugoslavi che prestarono opera di generosa assistenza medica al popolo nel 1944 – 45. A Grumo Appula è rimasta traccia della presenza dei soldati jugoslavi presso l’attuale scuola elementare (allora ospedale militare), e traccia della sepoltura di molte decine di loro nel locale cimitero, dove esiste una stele con iscrizione in serbocroato “riscoperta” solo di recente. La principale testimonianza, però, è nel cimitero di Barletta che ospita l'altro impressionante Sacrario jugoslavo, in cui giacciono le spoglie di oltre 800 partigiani jugoslavi.


Molti ex combattenti jugoslavi sono tornati varie volte in Italia, in forma privata o ufficiale, a ritrovare i loro compagni di lotta, i vecchi amici, le persone che fraternamente li avevano protetti e nascosti. Sempre sono stati “accolti come fossero fratelli per tanto tempo rimasti lontano da casa”. (7) Ciononostante, il complesso delle loro vicende è stato via via avvolto dall'oblio. Il mancato approfondimento sul contributo degli jugoslavi alla Resistenza Italiana ha causato, a nostro avviso, un danno imperdonabile e probabilmente irreparabile, per lo meno dal punto di vista strettamente storiografico, ma anche dal punto di vista sociale e politico, per il mancato consolidarsi dei legami di fratellanza e solidarietà. Crediamo di non allontanarci dal vero se affermiamo che la mancata comprensione da parte italiana della tragedia Jugoslavia alla fine del XX secolo, con la cancellazione sanguinosa dello Stato unitario degli "slavi del sud", sia stata anche frutto di questo colpevole oblio. In ogni caso questo vuoto storiografico, sul quale noi interveniamo adesso apponendo il nostro enorme "punto interrogativo" , dovrà essere oggetto di una riflessione collettiva e di serie, anche se talora assai scomode, considerazioni storiche e politiche.


Il progetto Partigiani Jugoslavi in Appennino sta concretizzando in queste settimane nella preparazione di un primo testo, di carattere sintetico-divulgati vo corredato di materiali fotografici e tabelle, che contiamo di dare alle stampe entro il 65.mo della Liberazione. Si tratta di un testo scritto a più mani, con il coinvolgimento e l'aiuto di alcuni storici professionisti. (8) Altra documentazione che stiamo raccogliendo – ad esempio, interviste e riprese video – potrebbe essere utilizzata successivamente per interventi multimediali. Saranno approntate anche alcune pagine internet con le informazioni essenziali. Si tratta comunque di un lavoro collettivo, per il quale potrebbero ancora rivelarsi preziosi i contributi di chiunque abbia informazioni o documentazione inedita da fornire. (9)


               

Andrea Martocchia


Susanna Angeleri


per il Progetto Partigiani Jugoslavi in Appennino




Note:
1) Curata da P. Secchia e E. Nizza, La Pietra, Milano 1976
2) “Il dramma del popolo giuliano-dalmata è stato creato da un moto d'odio e furia sanguinaria, e dal piano slavo annessionista che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”: questa la posizione del presidente Napolitano sulla Resistenza jugoslava, espressa in forma pubblica nel febbraio 2007 creando tra l'altro un incidente diplomatico con la Croazia.
3) Si ricorda in particolare la figura di Milan Tomović, ucciso da una malattia respiratoria contratta durante la guerra e sepolto a Perugia.
4) In particolare la testimonianza di Bukovac è stata raccolta da Carlo Spartaco Capogreco nel suo “Renicci – Un campo di concentramento in riva al Tevere” (Fondazione Ferramonti, 1998) dove si analizzano sia le prime forme di resistenza dei reclusi, sia le successive vicende di quelli che, dopo l’8 Settembre, si unirono alla Resistenza Italiana.
5) Intervista a cura di C.S. Capogreco, vedi nota 4.
6) Una brigata era comandata da un certo “Battista”, di Lubiana. Una delle divisioni , la “Garibaldi – Mingo”, era comandata dallo jugoslavo Grga “Boro” Čupić, già detenuto nel campo di internamento di Fossano in provincia di Cuneo.
7) G. Mari: “La Resistenza in Provincia di Pesaro e la partecipazione degli jugoslavi”, Pesaro 1964.
8) In questa sede non possiamo elencare il grande numero di persone a cui siamo grati e che ci stanno aiutando, alcune delle quali appariranno come coautori del testo che sarà dato alle stampe.
9) Invitiamo a contattarci all'indirizzo: partigiani7maggio @ tiscali.it

L'articolo che segue appare sul n. 1/2010 de l'ernesto: (www.lernesto. it), in spedizione in questi giorni.
I tempi di pubblicazione del libro presentato in questo articolo saranno un po' più lunghi rispetto a quelli ottimisticamente fissati al 65.mo anniversario della Liberazione. Siamo in una fase avanzata di editing del testo, e riteniamo di poter andare comunque in stampa entro l'estate. 
La pagina internet di riferimento per il progetto Partigiani jugoslavi in Appennino è:
Cogliamo l'occasione per augurare BUON 25 APRILE  e un ottimo 65.MO ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE.

partisans yougoslaves dans les Apennins




Une histoire ignorée



L'histoire de Yougoslaves emprisonnés dans des camps de détention jusqu'à ce que les fascistes de la péninsule de Septembre '8, 1943, et la contribution à la résistance offerte par ces anti-nazis et antifascistes italiens, ont été jusqu'à présent connue seulement de quelques spécialistes et fragmentaires.

Cependant, ces partisans d'animation de la lutte pour la libération dans les premières étapes le long de la plupart des Apennins, de Gênes à Pouilles avec des épisodes importants, en particulier en Ombrie et les Marches, où les «Slaves» étaient présents un peu partout et a pris part à presque toutes les des actions majeures.

Les Yougoslaves étaient pour la plupart déjà une expérience dans la guérilla, car ils portaient dans leurs pays, contre les armées allemandes et italiennes d'occupation et contre les collaborateurs locaux, à la capture et la déportation vers l'Italie. En outre, la plupart d'entre eux étaient de jeunes militants SKOJ (la structure de jeunesse du Parti communiste de Yougoslavie), avec une solide formation idéologique et une prise de conscience de l'ennemi à venir. Avec leur expérience et leur détermination le fascisme, ils ont donné le départ, une contribution précieuse à la formation du mouvement des partisans en Italie et la consolidation de la capacité combative des jeunes recrues.

Nous nous sommes intéressés dans cette histoire, ces dernières années à apprendre dans un presque au hasard, dans le cadre de nos activités de solidarité internationale et la lutte contre l'ex-Yougoslavie et dans les batailles contre le révisionnisme historique et la diffamation de la Résistance, malheureusement de plus en plus nécessaires et fréquents. Avec regret, nous avons constaté que les événements de ces grandes dimensions et implications ont trouvé un espace presque négligeable dans l'écriture de l'histoire contemporaine et la même lutte anti-fasciste: dans 'Encyclopédie de la lutte et la résistance(1) - qui, par la littérature que nous avons pu trouver, est le seul événement qui a au moins essayé une reconstruction totale de ces événements à travers une entrée spécifique "Yougoslaves en Italie", à la fin de ce qui est écrit: "la résistance yougoslave à la participation de l'Italie n'a pas encore été examinées en organique. Cet après trois décennies suivant la conclusion de cette lutte.

Aujourd'hui, je suis maintenant presque 65 ans et la situation n'a pas changé, même le passage du temps a évidemment rendu plus difficile toute enquête et à la reconstruction selon la provenance directe: les témoins vivants étaient rares et bien sûr les sources documentaires personnes âgées, qui déjà dans les années 70 ont été dispersés et mal géré, souvent plus disponibles, et enfin, l'approche de ces événements est devenue "indigeste" par de nombreux politiquement et professionnellement.

Conscient de ces difficultés, nous avons quand même décidé d'entreprendre une recherche et la diffusion au grand public qui mettrait en évidence que les internationaux, a également été la Résistance italienne, en plus - et il est bien connu, bien que très négligées » il - l'approbation de la lutte populaire pour la libération de la Yougoslavie ont participé des centaines de milliers d'Italiens, en particulier d'anciens soldats des troupes d'occupation. Nous avons entendu tellement de contraste entre les tendances révisionnistes qui veulent les luttes de libération en Europe en termes de nationalistes, sinon exclusivement national. (2)

E 'donc népartisans du projet dans les Apennins, Aux termes duquel elle a progressivement mis en place un réseau très étendu de contacts et des collaborations - avec des historiens professionnels, et les articles Instituts ANPI de l'Histoire, connaisseur passionné des événements en question les faits et témoins résidant dans plusieurs provinces italiennes. En fait, si d'abord nous avons commencé à suivre des Yougoslaves, principalement les Slovènes et les Monténégrins, qui ont fui après la clôture le 8 septembre par le camp d'internement de Colfiorito, près de Foligno et à Renicci d'Anghiari Arezzo, bientôt nous nous sommes aperçus que la question embrassé une zone géographique beaucoup plus vaste.

Les Yougoslaves qui ont fui les camps d'internement dispersés dans la campagne environnante accueilli par les populations locales, beaucoup d'entre eux ont rejoint ou contribué à la formation des brigades de partisans qui étaient connectés à ces jours en Septembre 1943.

Une étape Martese première forêt dans le Teramana résistance, mais aussi l'italien, entre 12 et 25 Septembre se sont concentrées toutes les forces anti-fascistes dans la province de Teramo, il a été dissous soldats italiens, mais aussi de nombreux anciens détenus étrangers vient de s'échapper des camps Concentration Région: Nouvelle-Zélande, Colombie-Britannique, les Américains et de nombreux prisonniers politiques en Yougoslavie, y compris le Monténégro.

Dans la matinée du 25 Septembre 43, le fer de lance d'une colonne allemande qui transitent motocorrazzata Teramo, après en avoir informé les fascistes, a été réalisée dans les bois et a pris 7 Partisans. Mais près de la colonne allemande Martese Woods a été frappé par des tirs de canons et de mitrailleuses partisans. 30 camions ont été arrêtés et a été capturé le commandant de la colonne, la plus grande Hartmann autrichienne. Les sept partisans ont été tués, et a donc décidé d'exécuter la commande partisane Teramo Hartmann.

Cet épisode est devenu connu sous le nom "la première bataille rangée en plein champ de la Résistance italienne»(Dite Ferruccio Parri), on connaît moins, toutefois, que les" Slaves "a joué un rôle clé dans cette affaire et les opérations ultérieures de la Résistance en Europe centrale. Les formations de Bosco Martese ont été divisés en trois compagnies, sous la direction du capitaine des carabiniers Blanc Hector et le médecin Mario Capuani. La seconde de ces entreprises a été commandée par Dušan Matijasevic aidé par Svetozar Čućković.

Après le 25 septembre entreprises dispersées, mais les étrangers ont défilé en masse dans la région de Acquasanta Terme dans la province d'Ascoli. Le sac "de Acquasanta est rapidement devenu le refuge d'un nombre impressionnant de fugitifs étrangers, en particulier le yougoslave anti-fasciste. En effet beaucoup d'autres venus du nord, des camps de prisonniers dans les Marches - Servigliano à Fermo, Collegio Gentile à Fabriano, etc - mais aussi l'Ombrie et la Toscane. En Ombrie, Merci pour l'intérêt récent des historiens dell'ISUC de Pérouse, est mieux connu dans le domaine de Colfiorito Foligno, où dans les casernes "ont été internés des milliers de Monténégrins.

Les souvenirs de ces jours sont passés contenues dans les livres de Dragutin "Dragon" Ivanovic, né en 1923, nous avons interrogé à son domicile où il vit à Ljubljana. Dragon a beaucoup écrit sur ces événements depuis les années 70. Immédiatement après que le conseil a pris pour retracer le parcours de sa détention et sa résistance anti-fasciste sur le sol italien. Ses mémoires ne sont connus que pour l'historiographie italienne sur la portée de Colfiorito qui a également eu lieu, mais pas moins intéressants pour notre histoire est la période par la suite, jusqu'à son départ pour les Pouilles et le retour à la Yougoslavie à nouveau encadrée pour combattre dans un soi-disantBrigades d'outre-merArmée de libération populaire de Yougoslavie.

Après 8 Septembre monténégrins détenus Colfiorito d'autres étaient plutôt à gauche en Ombrie se joindre à la brigade Garibaldi, près Foligno et Spello (3), d'autres ont rejoint le partisan de centre-nord de la Marche eux ou aller plus au sud et a rejoint le groupe de fugitifs de la prison de Spoleto.

Le bataillon de Yougoslavie formé à partir de ce noyau Spoleto a été appelé «Tito», son commandant militaire a été Lekovic Svetozar, a déclaréTozo, Berane (Monténégro), qui, après la guerre, il travaillait comme ingénieur à l'Institut technique militaire de Belgrade, commissaire adjoint politique a été Bogdan "Boro" Pesic, qui, au lieu devenir rédacteur en chef du journal Politika Belgrade. Avec des hauts et des bas, parce que parfois l'esclave a tenu une politique - militaire plus indépendant, le bataillon était attaché à la brigade important Gramsci Tito, dont le commissaire politique a été Alfredo Filippone. L'esclave »de Gramsci a fait une série de harceler actions qui constituent une épine dans le côté de déployer l'engagement allemand pour résister à l'avancée des troupes alliées du sud. Au début du 44 sur le territoire de 12 municipalités et Valnerina était sous le contrôle de la brigade que Gramsci a été divisé en 5 bataillons, y compris Internet bataillonTitus. Les municipalités de Scheggino, S. Anatolie di Narco, Vallo di Nera, Cerreto di Spoleto, Preci, Visso, Norcia, Cascia Poggiodomo, Monteleone et Lionne a été pratiquement abandonné par les forces nazis en tant que premier territoire libre au centre de l'Italie. Pour plus de quatre mois en Ombrie Partisan vécu la Première République, en tant que nouvelle approche est que les gens se sentaient inéluctablement.

En avril 44, le commandement allemand en liaison avec les fascistes, a décidé une opération massive de la police "dans Valnerina: une série de batailles contre des forces supérieures partisans engagés, mais ont été en mesure de dégager avec le moins de dommages possible Merci à capacité des commandants et surtout deTozo. Après cette action, le bataillon de Tito a vécu et est allé du côté de la Marche.

C'est précisément la période de la contre-offensive sanglante allemand. La pression des Alliés sur la ligne Gustav, en particulier les combats sauvages à Cassino, les Allemands avaient créé une tension croissante entre exigeant la préparation des plans et des opérations pour la consolidation du contrôle territorial, y compris les actes de "régénération" à l'arrière. Un des principaux objectifs de ces actions pourrait être aucune annulation de la présence de "bandes" partisane Centre Italie: leurs actions perturbatrices, effectué avec une fréquence croissante et la décision sur les routes qui la représentation consulaire Flaminia et Salaria ces gangs " est devenu inadmissible pour le géant allemand. acteurs importants dans ces actions ont été souvent juste les Yougoslaves: celles qui sont organisées autour du maîtreTozoentre les provinces de Terni et de Rieti, et ceux qui sont actifs dans les Marches intérieures.

Une autre histoire intéressante est celle qui concerne les prisonniers de la Renicci camp, dans la province d'Arezzo. Ce camp avait été déporté à fusionner soi-disant «état de Ljubljana», puis des milliers de plus slovène qui avaient déjà fait le premier pas dans l'enfer de Rab / Rab, puis Gonars (UD), en plus de ces Il y avait aussi prisonniers politiques albanais, anarchiste italien et la plupart des Croates antifascistes, beaucoup d'entre eux ont été transférés du camp de Renicci du Sud et les îles en 43 au début ont dû être évacuées pour les Alliés avancent.

Dans le domaine de détenus Renicci avait déjà exprimé ouvertement même quand il a été possible, leur opposition et de résistance au traitement que le harcèlement. Entre autres choses il ya une politique cellule communiste clandestine qui a été détenue par Lojze Bukovac. (4)

Bukovac après son évasion de Renicci se joindront huitième brigade Garbald côte. À la suite de l'offensive allemande qui a été poussée à partir du sud vers le nord de la Marche jusqu'au haut Marecchia et la Romagne, la Toscane et Bukovac retomber nell'aretino. Bukovac se souvient: «... [Après le 18 avril 1944, venant de 'Emilie-Romagne], nous sommes allés à la Toscane où nous avons rencontré la brigade "Pio Borri" à la mi-mai. Le commissaire de la brigade "Borri« Dusan Bordon, un jeune étudiant de l'original Koper, qui devint plus tard notre héros national (la guerre en Koper l'école a été nommé) est tombé au combat près de Caprese Michelangelo, 13 avril 1944 .. (5).

En effet dans cet échange de tirs difficiles ont eu lieu lors d'un raid fasciste, pour protéger la retraite de ses compagnons ont été tués, en plus de l'étudiant Dušan Bordon, commandant du département, le Russe Piotr Fesipović, tandis qu'un autre Pelović monténégrin qui avait été capturé et exécuté immédiatement. Le département est chargé de la GNR encore 12 morts et 10 blessés.

Ne manquez pas les épisodes impliquant les Yougoslaves également plus au nord, à Gênes, où le commandant de la brigade de partisans qui ont libéré la ville a été yougoslave: Anton "Miro" Ukmar. Ukmar en fait, avait échappé à un camp de concentration en France, rejoint la Résistance italienne, a été nommé commandant de la zone opérationnelle VI, qui, dans les Apennins, non loin de Gênes, avait un vaste territoire libéré. Grâce à son compagnon divisions "Miro" ont pris part à la libération de Gênes et était maître de la place après la guerre. Ukmar - qui sera décoré de l'insigne honneur américain "Bronze Star" et a été élu citoyen d'honneur de Gênes - contribué à la formation de huit divisions partisanes en Ligurie. Parmi ces divisions ont été le cadre de certaines brigades commandées par les Yougoslaves, les deux portant le nom de la même bataille que "Istrie", "Monténégro" et ainsi de suite. (6) Beaucoup de ces partisans tombés dans les combats et la plupart d'entre eux dans les années 50, a été enterré à Gênes.

partisans yougoslaves sont morts et enterrés au début de la province de Plaisance, Turin et Cairo Montenotte (et 10 dans le cimetière de la ville du Piémont).

Le partisan leader Joseph Mari "Carlo" dans certains textes de la guerre a essayé de reconstruire l'organisation de toutes les formations de la Résistance dans laquelle les Yougoslaves avaient joué un rôle de premier plan Marches, annonce des centaines de noms ... Ce n'est pas l'endroit pour se souvenir de ces noms ou ceux des combattants yougoslaves d'autres régions, même le plus important. Au lieu de cela nous devons savoir que dans les années 70, la RFS de Yougoslavie promu la construction de certains sanctuaires où étaient réunis la plupart des restes des partisans tombés dans diverses régions italiennes après Septembre 8, ainsi que les restes de ceux qui étaient tombés d'épuisement et de maladies dans les camps d'internement avant le 8 Septembre. Le plus important de ces sanctuaires sont à Rome (Prima Porta), dans le cimetière de Sansepolcro (Arezzo), et de Barletta. Au-delà du reste contenue dans les sanctuaires, nombreuses sépultures ont été dans plusieurs petites villes de l'Italie centrale, le cimetière international et Pozza Umit (Acquasanta Terme, Ascoli), chant (PU: trois plans), le Franko Tugomir tombe à Penna San Giovanni (AP) ... Beaucoup sont également les pierres tombales et monuments que ces partisans sont mémorisés.

Pour ceux qui ont survécu le dénouement de l'histoire est dans les Pouilles. La région de la fin de '43 et est devenue une base stratégique Slaves arrière-partisane: tant ceux qui ont combattu sur la crête des Apennins et dans les Pouilles, a dû rentrer chez eux et pour ceux qui ont combattu dans les Balkans et parfois blessés, seulement dans les Pouilles pourraient être transférées et traitées dans des centres spécialisés, à la suite des accords conclus entre Churchill et Tito.

Ces événements sont bien conservés même par «Dragon» et Bukovac. combattants yougoslaves étaient logés dans des centres de rassemblement ou à l'hôpital, une formation militaire dans des lieux dispersés dans la région de Bari dans le Salento via Gravina forfaitaire Appula. Un Gravina encore placé en épigraphe rappelle médecins hospitaliers partisans qui ont servi par les soins médicaux aux personnes généreuses en 1944 - 45. Un Appula forfaitaire reste plus de traces de la présence de soldats yougoslaves à l'école en cours élémentaire (puis un hôpital militaire), et des traces de l'inhumation de plusieurs dizaines d'entre eux dans le cimetière local, où il ya une stèle avec une inscription en serbo-croate "découvert" que récemment . Le témoin principal, cependant, est le cimetière de Barletta accueillir une autre awesome yougoslave lieu de culte, où reposent les restes de plus de 800 partisans.

De nombreux anciens combattants yougoslaves ont retourné plusieurs fois en Italie, en privé ou officiel, à trouver leurs camarades, de vieux amis, les gens qu'il avait été protégé et caché fraternité. Toujours été "ont été accueillis comme des frères si longtemps loin de chez vous(7). Cependant, toutes les histoires de leur peu à peu enveloppé par l'oubli. Défaut d'étudier la contribution de la Yougoslavie a causé la Résistance italienne, à notre avis, impardonnable et des dommages irréparables sans doute, du moins du point de vue de l'historiographie, mais aussi socialement et politiquement, pour défaut de consolider les liens fraternité et de solidarité. Nous ne s'écartent pas de la vérité si nous disons que le manque de compréhension de la tragédie italienne Yougoslavie dans la fin du XXe siècle, avec l'annulation de l'Etat unitaire du sang "Slaves du Sud", a également été le résultat de cet oubli coupable. Toutefois, ce vide historiographique, sur lequel nous agissons dès maintenant en mettant notre marque énorme question "doit être une réflexion collective et de séries, bien que parfois très inconfortable, les considérations historiques et politiques.

Le projetpartisans yougoslaves dans les Apenninsprenant la forme de ces dernières semaines en vue d'un premier test de caractère-vo synthétiques communiqués avec les documents photographiques et de tableaux, qui nous l'espérons, de donner des estampes de 65.mo Libération. Il s'agit d'un texte écrit par plusieurs mains, avec la participation et l'aide de certains historiens professionnels. (8) Autres documents que nous rassemblons - tels que des interviews et des séquences - pourrait alors être utilisé pour les opérations multimédias. Sont également préparé quelques pages web avec des informations essentielles. Toutefois, il s'agit d'un travail collectif, pour lequel ils pourraient encore se révéler précieuses contributions à toute personne possédant des informations non publiées ou des documents à fournir. (9)

               

Andrea Martoccia

Susanna Angeleri

Projet pour les partisans dans les Apennins



Notes:
1)Edité par P. Secchia et E. Nice, La Pietra, Milan 1976
2)"Le drame du peuple Julian-dalmate a été créé par un mouvement de haine et de fureur sanguinaire, et le plan d'annexion slave qui assume les contours des revendications nettoyage ethnique»Telle est la position du président Napolitano sur le résistance yougoslave, a exprimé publiquement en Février 2007, notamment l'établissement d'un incident diplomatique avec la Croatie.
3) Un bon exemple est la figure de Milan Tomovič, tué par une maladie respiratoire contractée pendant la guerre et enterrés à Pérouse.
4)En particulier, le témoignage de Bukovac ont été recueillies par Charles Capogreco Spartacus dans son Renicci - Un camp de concentration près du Tibre "(Ferramonti Foundation, 1998) où il analyse les premières formes de la résistance des détenus, et tous les événements ultérieurs qui, après Septembre 8, a rejoint la Résistance italienne.
5)Propos recueillis par C.S. Capogreco, voir la note 4.
6)Une brigade est commandée par un "Baptiste", Ljubljana. L'une des divisions, le Garibaldi "- Mingo, était commandée par le Grga yougoslave" Boro "Čupić, qui était détenu dans un camp d'internement de Fossano dans la province de Cuneo.
7)G. Mari: "La résistance dans la province de Pesaro et la participation de la Yougoslavie", Pesaro 1964.
8)Ici, nous ne pouvons pas énumérer le nombre important de personnes à qui nous sommes reconnaissants et nous les aidons, dont certaines apparaissent comme des co-auteurs du texte qui sera remis à la presse.
9)S'il vous plaît nous contacter à: partigiani7maggio@tiscali.it

L'article suivant apparaît dans le numéro 1 / 2010 deErnest: (www.lernesto. com), Et d'expédition de nos jours.
Le moment de la publication du livre présenté dans cet article sont un peu "plus optimiste fixé à 65.mo anniversaire de la libération. Nous sommes à un stade avancé derédactiontexte, et nous pouvons aller encore disponible d'ici l'été.
Le site de référence pour le projetpartisans yougoslaves dans les Apenninsest la suivante:
Nous saisissons cette occasion pour vous souhaiter bonne et une meilleure 65.MO 25 avril Jour de la Libération.

Vendredi 9 Avril 2010
philippe guistinati

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